Come sapete, mi piace informarmi sulle cose che incontriamo nei nostri giri sulle colline, perciò voglio condividere questo breve estratto di una pubblicazione che ho trovato sule sito "quercianellasonnino.it", dove si parla sia della cava di Pietralta che della miniera Tobler di cui abbiamo visto sabato uno degli ingressi.
L'attività estrattiva di cava e miniera.
La storia economica di Quercianella ha avuto un unico, anomalo sussulto ai primi del '900, quello legato all'attività estrattiva di pietrame per l'industria del cemento, e del minerale di rame.
Dalla cava a cielo aperto di Pietralta, situata sulla pendice del colle Piastrone mt.186, che ben segnala toponomasticamente la propria caratteristica geologica, lungo i botri Rogiolo, Quercianella e Forconi, si iniziò ad estrarre già nei primi dieci anni del secolo, materiale per la produzione di cemento, per un quantitativo di 40.000 tonnellate l'anno. Il pietrame trasportato con una teleferica a carrelli o "paioline", veniva gettato in una chiusa o tramoggia, costruita nella baia del Rogiolo in muratura, e di qui, dai suoi boccaporti e lungo uno scivolo, veniva caricato su dei navicelli; questi, legati l'uno all'altro, simili a muli, venivano trainati, mare permettendo, da un rimorchiatore fino allo stabilimento di Livorno, anch'esso, come il terreno e la cava, di proprietà degli Orlando.
La società che sfruttò la cava di Pietralta fu la Cementeria Italiana Società anonima (n.530 del registro ditte della Camera di Commercio). La sua attività ebbe inizio l'8 maggio 1905 e dall'ultimo atto notarile iscritto nel registro, del 2 marzo 1944, si può dedurre che, sia pure sotto diverso nome, "Società anonima cementeria" (n.1730, Archivio 1508), sia stata in esercizio fino al dopoguerra; come peraltro è testimoniato da quanti ricordano ancora in quegli anni le "paioline" andare evenire e il lento traino dei barconi.
Nel primo anteguerra si pensò di trasportare questo materiale con ferrovia e di caricarlo mediante funicolari come era ancora visibile fino a pochi anni fa a S.Vincenzo. Ciò anche per meglio giustificare la richiesta di spostamento della stazione ferroviaria dalla prima sede ma pur sempre al di qua del torrente Chioma; come poi sarà fatto (Ciompi op. cit., pag.72) .
Di questo periodo restano poche ma leggibili testimonianze: a monte, nel bosco una parete di nuda roccia della cava di Pietralta ed alcuni ruderi di una casa, quella del Bacci, detto Astrille, il guardiano che vi abitò fino al '60, della polveriera e di un castro o porcilaia per maiali, nonché di una strada che ormai il bosco ha richiuso, ma ancora individuabile e nota ai cacciatori; strada che, si racconta, il medico condotto Dr. Piedi attraversò di notte con una torcia per prestare soccorso alla famiglia Bacci. E a valle, sul mare, i resti della struttura in cemento armato, la chiusa per il carico. Resti pericolanti, di cui i numerosi bagnati che oggi affollano il mare del Romito e i nuovi bagni del Rogiolo pare che non si preoccupino. Si tratta di un vero reperto di archeologia industriale, ma di impossibile recupero, fissato nel ricordo di alcune foto d'epoca di struggente bellezza (op. cit., pag.35).
La cessazione dell'attività nell'immediato secondo dopoguerra, restituì il porticciolo di attracco al castello di Sidney Sonnino e l'intera insenatura del Rogiolo ad un utilizzo più libero e consono alla sua natura.
Altra risorsa che ha segnato, sia pure brevemente, la storia economica contemporanea di Quercianella, è stata quella mineraria, circoscritta proprio entro il promontorio del Romito. Questo dopo le arenarie c.d. di Calafuria, presenta rocce del complesso ofiolitico (rocce verdi, contenenti talco, steatite e magnesite), brecce gabbriche tettonizzate dal colore rosso cinabro (visibili nei pressi della curva dell'Aurelia tra il ponte sul Rogiolo e il bivio per Montenero, e dopo il Castellaccio lungo la discesa verso Montenero) e diaspri, con numerose, rare ed importanti mineralizzazioni che hanno visto un tentativo di sfruttamento, come è avvenuto per il giacimento cuprifero del torrente Rogiolo da parte di una compagnia mineraria inglese, la Miniera Tobler. Di tale società non è stata rinvenuta alcuna traccia presso l'archivio storico della Camera di Commercio di Livorno; presumibilmente il suo fascicolo andò distrutto dai bombardamenti bellici che colpirono la sede della Camera di Commercio.
Testimonianza che, invero, visti gli scarsi esiti, svela più un tentativo esplorativo che un lungimirante investimento industriale, come invece lo fu per la non lontana miniera di magnesite estratta dalle rocce ofiolitiche della miniera situata sopra Fortullino, in direzione di Poggio S.Quirico (cui ci si può collegare, non solo storicamente, in quanto anch'essa compresa nell'area del Parco provinciale dei monti livornesi); e soprattutto per quella di rame di Montecatini Val di Cecina, la più importante d'Europa durante l'800; oggi completamente museificata all'interno della riserva naturale integrale di Monterufoli.
Dell'escavazione mineraria lungo il Rogiolo non disponiamo di dati statistici esatti circa l'inizio e la fine (prima della seconda guerra mondiale, visto che la società era inglese e quindi nemica) dell'attività di scavo, il valore dei giacimenti, l'entità del minerale ricavato e degli occupati, di certo almeno in parte anche locali; "qualcuno vi lavorava" ricordano gli anziani. Ma non dovrebbe essere stata un'attività dai cospicui investimenti e molto redditizia se di essa restano nel bosco qua e là poche tracce di scavo, di riparo, di depositi, e in particolare alcuni piccoli ingressi ancora visibili alle gallerie di escavazione. Di una di esse resta visibile, ai margini della cessa recentemente costruita nei primi anni 2000, lungo il Rogiolo, un angusto ingresso. Di tutte sarebbe auspicabile una completa ricognizione per una completa mappatura e ricostruzione storica, utilizzando allo scopo i maggiori conoscitori del luogo, i cacciatori. Una rilevazione cartografica da estendere agli altri pochi resti di costruzioni legate all'utilizzo del bosco.
L'abbandono della cave di pietra per il cemento e delle miniere di rame ha consentito un rapido e spontaneo recupero del bosco. In mancanza di foto aeree, forse disponibili presso l'Istituto geografico militare, si vedano, come documento di raffronto, le foto che nel libro del Ciompi evidenziano ampie aree prive di manto boscoso e già utilizzate da limitate destinazioni agricole e dai cantieri per la costruzione della ferrovia Livorno-Vada del 1908 (op. cit. pag.69).
Il botro del Rogiolo, che così significativamente ha segnato la storia del territorio di Quercianella, merita una particolare attenzione anche per la sua origine toponomastica. Esso prenderebbe nome, secondo l'autorevole conferma scientifica di Gianfranco Barsotti, dal ramarro o rogiolo come qui viene chiamato. Rettile non molto frequente che, evidentemente da tempo immemorabile, avendo scelto come area preferenziale proprio la valletta del botro per "crogiolarsi" al sole, ha colpito l'attenzione degli abitanti del luogo. Personalmente suggerirei una origine diversa del toponimo, riferendola alla radice stessa della parola, roggio e roggiolo: etimo arcaico di rosso, della tonalità simile alla ruggine, usato anche dal Pascoli ("Roggio nel filar qualche pampano brilla") che potrebbe far riferimento al colore cinabro delle rocce esistenti in abbondanza proprio lungo il botro, là dove non a caso fu aperta la miniera di rame e così ben visibili nella loro stratigrafia subito dopo il ponte sull'omonimo botro nel salire verso il Romito.